Si deve arrivare da dentro Washington andando verso Capitol Hill, fino ad entrare al Congresso degli Stati Uniti, per capire veramente il “balance of power” della democrazia americana. Ciò che deve dominare simbolicamente anche fisicamente la capitale è questa imponenza del monumento del Campidoglio che ospita sia la Camera che il Senato. Col suo cupolone che sta a Washington come San Pietro a Roma. A differenza invece di quella Casa Bianca che appare piccola, quasi invisibile schiacciata dalla maestosità del Congresso.
Perché così vollero i padri fondatori con la loro Costituzione redatta a Filadelphia, nel bilanciamento dei poteri tra Esecutivo (Presidente), Legislativo (Congresso) e Giudiziario (Corte Suprema), alla fine il presidente deve essere inferiore al Congresso (vero, al massimo gli può porre il veto sulle leggi che però possono comunque essere approvate a più larga maggioranza), mentre il Congresso può e tantissimo contro il presidente, fino ad annullarlo. Come? Appunto con la procedura di impeachment di questi giorni che, dopo il regolare processo e il voto finale al Senato, potrebbe togliergli ogni potere e cacciarlo dalla Casa Bianca.
Questa prefazione è importante per descrivere l’importantissima visita che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha appena avuto al Congresso, soprattutto per quei lettori che ancora dall’Italia credono che il vero potere della grande democrazia americana resti nelle mani presidenziali. Il presidente Donald Trump ha certamente il potere di far ancora tanti danni, ma è nel Congresso che resta tutto il potere in grado di fermarlo. Mentre Trump (anche se lui fa finta di ignorarlo) con i suoi tweet tenta di minacciare deputati che non gli garbano (“tornatevene da dove venite”) o addirittura chiamando la speaker Nancy Pelosi una “politica di serie B”. Con la sua replica immediata, dicendo alla stampa che lei “sta pregando per la salute” di Trump, la Speaker Pelosi sembra suggerire anche una seconda via per cacciarlo: il 25esimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti che prevede un voto di tutti i membri dell’esecutivo per la dimostrata incapacità del presidente, quindi per ragioni di salute il passaggio dei poteri al vice, in questo caso Pence.
Torniamo quindi alla visita di oggi, con Mattarella che prima incontra la commissione mista di senatori e deputati di origine italiana, cioè legislatori sia democratici che repubblicani che nel loro essere italoamericani trovano una unità d’intesa, almeno quando si tratta dei rapporti con l’Italia. E poi finalmente l’incontro del capo della stato italiano con la terza carica dello Stato USA, quella Nancy Pelosi che davanti ai giornalisti, raggiante di gioia nel rivedere Mattarella e con gli occhi che le brillavano, ha detto di essere “così orgogliosa di essere la prima Speaker italoamericana del Congresso”.
Pelosi, nel dare il messaggio di benvenuto al presidente Mattarella, ha dato subito delle staffilate a quel Trump che proprio lei ieri alla Casa Bianca aveva messo in sofferenza, a causa di quei modi bruschi e rudi. La speaker ha ricordato sia lo stato delle relazioni economiche con l’Italia e l’Europa per la questione dazi, sia il ruolo della NATO e dell’Italia nell’alleanza. Pelosi ha affermato che l’Italia “è il miglior e forte alleato che gli USA hanno nella NATO”, e che col Congresso continuerà a lavorare affinché le relazioni economiche ma anche d’intesa sui valori tra Italia e Stati Uniti continuino forti e senza ostacoli. Chiaro messaggio a Trump: l’Italia di Mattarella non si tocca.
Nel suo messaggio Mattarella è stato altrettanto denso di parole di stima e rispetto per la carica che Pelosi rappresenta e per l’intero sistema democratico americano. “Democrazia antica” l’ha chiamata Mattarella, appunto per sottolinearne la reverenza nei confronti di quel “balance of power” di cui vi parlavamo prima. Mattarella, come aveva già fatto ieri alla Casa Bianca, in questo mese che celebra la cultura italiana in America, ha tenuto a ricordare anche la figura dell’esploratore Cristoforo Colombo.
Riportiamo sotto l’intero discorso pronunciato da Mattarella davanti ai membri del Congresso durante la colazione offerta dalla Speaker Pelosi. Un discorso che tiene bene agganciati l’Italia e gli Stati Uniti nel loro futuro di alleati e di paesi indispensabili l’uno all’altro, a prescindere da quali possano essere gli umori di giornata e di “salute” del presidente Trump.
Ecco è il discorso pronunciato dal Presidente Sergio Mattarella alla colazione offerta dalla Speaker Nancy Pelosi in suo onore, alla presenza della Leadership del Senato e della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti.
Signora Speaker della House,
Signori Membri del Congresso degli Stati Uniti,
Signor Ministro degli Esteri,
Signore e Signori,
Rivolgo alla Speaker Nancy Pelosi il mio sentito ringraziamento per questa occasione di incontro e di celebrazione della amicizia ed alleanza fra i nostri popoli, in questo mese che celebra le radici italo-americane degli Stati Uniti.
La sua leadership, Signora Speaker, è essa stessa conferma del contributo offerto dai cittadini di origine italiana e ci ricorda, con forza gentile, il valore del ruolo della donna, che vede, nel Congresso degli Stati Uniti, un luogo di storica affermazione.
Esattamente un secolo fa, la House e il Senato approvarono il XIX Emendamento alla Costituzione sui pari diritti di voto, pietra miliare nella storia dell’eguaglianza di genere.
Sono molto grato per la opportunità di incontrare una rappresentanza bicamerale e bipartisan del Congresso degli Stati Uniti, cuore pulsante della democrazia.
Il ruolo dei Parlamenti, con la funzione rappresentativa da essi incarnata è elemento centrale delle forme di governo che Europa e America condividono.
Questo luogo riflette le vicende di quei volti di milioni di donne e uomini che hanno fatto grandi gli Stati Uniti e cementato l’amicizia e l’alleanza tra i nostri popoli.
Ai milioni di americani di origine italiana che si affermano ogni giorno, contribuendo al successo di questo Paese, va il tributo dell’Italia intera.
Saluto i numerosi italiani che hanno scelto di vivere esperienze negli Stati Uniti e i numerosi statunitensi che hanno scelto l’Italia: sono l’immagine contemporanea del flusso permanente di energie intellettuali e professionali che arricchiscono i nostri reciproci rapporti.
Sono lieto di potermi rivolgere a voi nei giorni delle celebrazioni dedicate a Colombo, coraggioso scopritore di mondi, costruttore di legami.
Signora Speaker, Signori membri del Congresso,
grazie anche all’impegno vostro e dei vostri predecessori i nostri Paesi hanno potuto scegliere percorsi di pace e di prosperità, e di questo la Repubblica Italiana è grata.
I nostri Paesi sono uniti dall’appartenenza a una stessa comunità: quella delle democrazie, fondata sulle scelte di libertà che hanno fatto seguito alla sconfitta del nazifascismo.
Sappiamo quanto il contributo degli Stati Uniti sia stato cruciale per la liberazione dell’Europa dal totalitarismo e l’inestimabile apporto recato, nei decenni successivi, alla causa della stabilità internazionale.
L’opzione per l’Alleanza Atlantica – che ancora oggi è cardine del nostro impegno globale per la sicurezza – è stato un passo decisivo.
Italia e Stati Uniti, alleati leali, proseguono un impegno comune che ha importanza cruciale per portare stabilità nei teatri più sensibili.
Il nostro ruolo nel Mediterraneo allargato discende dalla consapevolezza che quel mare rappresenta una frontiera globale in cui l’Italia è chiamata a un ruolo di prima linea, in coordinamento con alleati e partner.
Pensiamo soltanto all’importanza di quell’area rispetto a flussi di migrazione di portata globale. Vi si collega il nostro lavoro congiunto nel Sahel, dove si incrociano temi di migrazioni, di sviluppo e di contrasto al terrorismo. Così come l’attenzione verso i Balcani, cerniera sottoposta a pressioni che non debbono mai più tornare ad essere laceranti
Con la propria presenza in Afghanistan – a lungo con il secondo contingente più numeroso dopo quello americano – l’Italia ha offerto prova concreta del proprio impegno contro il terrorismo e della propria vicinanza al popolo americano dopo la tragedia dell’11 settembre.
Il rapporto tra Stati Uniti e Unione Europea – basato sulla storia, sulla comunanza di valori, di cultura, di legami umani – è un asse fondamentale per la stabilità globale.
Una stabilità realizzata attraverso molteplici forme di collaborazione: nel secondo dopoguerra il commercio è stato motore di integrazione e di sviluppo fra le due sponde dell’Atlantico.
Proprio le relazioni economiche tra Stati Uniti e Italia così come tra Stati Uniti ed Europa hanno avuto e continuano ad avere un peso ineguagliabile per la reciproca prosperità.
La catena di valore che ne è derivata produce rilevanti effetti anche sul terreno della innovazione, sviluppo e accelerazione tecnologica e scientifica.
Ed è davvero quest’ultima una dimensione strategica del rapporto tra Italia e Stati Uniti sulla quale i nostri Paesi già investono molto: da parte italiana continueremo a lavorare convintamente per approfondire legami già straordinari, alimentati da quindicimila scienziati italiani attivi in progetti negli Stati Uniti, negli ambiti della ricerca, dell’innovazione tecnologica ed industriale.
La collaborazione scientifica internazionale è esempio straordinario dei benefici recati per il progresso dell’umanità da un ordine internazionale multilaterale, basato su regole eque e condivise, costruito con il decisivo impulso americano dopo la guerra e che non dobbiamo cessare di alimentare e proteggere assieme.
Si tratta di una garanzia comune, la base per avanzare uniti davanti alle sfide che ci attendono e che nessuno di noi può voler affrontare da solo.
In conclusione, vorrei invitare tutti i presenti ad alzarsi in piedi per rendere omaggio al ruolo dei Parlamenti nazionali e allo straordinario legame di amicizia tra Stati Uniti d’America e Italia.
Viva gli Stati Uniti d’America, Viva la Repubblica Italiana.
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