EconomiaEconomia
Il libero mercato non è un destino: cosa ci ha mostrato Trump
Il bluff di leggi economiche e sociali che per trent'anni ci hanno imposto come inevitabili

Immagine ripresa il 24 gennaio dall'account twitter del Presidente Donald Trump: "Signing orders to move forward with the construction of the Keystone XL and Dakota Access pipelines in the Oval Office"
Quello che le prime due settimane di Donald Trump dovrebbero far capire a tutti è che per trent’anni hanno bluffato, costruendo un sistema di leggi economiche e sociali fasulle per convincere miliardi di ingenui e di superficiali che le loro scelte fossero inevitabili. Non era vero che il libero mercato fosse una forza irresistibile come quella di gravità; non era vero che chi si opponesse alle delocalizzazioni, alla deindustrializzazione, alla globalizzazione e alle migrazioni incontrollate fosse un patetico nostalgico destinato a essere rottamato dalla Storia, come sostenevano legioni di economisti e giornalisti deboli, ignoranti e pagati troppo, dunque succubi dei poteri forti della finanza. Lo stesso naturalmente vale per il precariato, per il cambiamento climatico, per l’ineguaglianza, per la deregulation morale e culturale, per il mito delle nuove tecnologie e della crescita senza fine (economica e demografica): che a Trump vanno benissimo per cui non se ne parla neanche in questi giorni.
Non vorrei essere frainteso: si può certamente decidere che è vantaggioso sostituire dei robot ai lavoratori nei trasporti e nella distribuzione delle merci (come sta facendo Amazon) malgrado causi disoccupazione e frantumazione sociale; oppure che preferiamo poche catene commerciali globali in mano a pochissimi miliardari piuttosto che milioni di piccoli esercizi locali e a conduzione familiare; oppure che siccome Uber costa meno non ci importa che consideri i suoi dipendenti degli imprenditori autonomi nei confronti dei quali non ha alcuna responsabilità. L’essenziale è sapere che si tratta di scelte, non di un destino. L’essenziale è accorgersi che i liberisti mentivano sapendo di mentire, inclusi quelli che fanno finta di essere di sinistra, i Renzi, gli Hollande, e inclusi anche quelli che forse di sinistra lo erano ma hanno trovato comodo diventare fatalisti (loro lo chiamano realismo) per mascherare la loro inettitudine e confusione. Uber può essere distrutta in un giorno imponendole il rispetto delle stesse norme che sono richieste ai taxi; Amazon e le grandi catene possono essere ridimensionate facendo pagare loro le stesse tasse che pagano i piccoli commercianti, impedendo loro di sfruttare i lavoratori precari, negando loro le infrastrutture pubbliche che i loro immensi centri commerciali e magazzini richiedono (e ottengono, a spese della collettività); la globalizzazione può essere regolamentata con dazi e controlli.
Trump sta dimostrando (ma lo si è sempre saputo) che non esistono leggi sociali o storiche: solo tendenze, solo interessi di precise categorie, quasi sempre una minuscola frazione della popolazione ma immensamente stronza e disposta a tutto pur di prevalere sugli altri. Ma solo finché qualcuno non fa la voce grossa: perché in realtà i vincenti sono vigliacchi e quando si trovano in prima linea e sotto attacco scappano sempre o si arrendono. In altre parole, l’economia, la sociologia e la politica non sono affatto scienze, non più della religione; sono discipline empiriche, basate solo sull’esperienza e in quanto tali utili strumenti per capire e realizzare le aspirazioni umane; a patto che non si permetta loro di diventare ideologie lasciandole in mano a una setta di sacerdoti che spacciano le verità che fanno comodo a chi li paga.
Trump va fermato perché l’America, anzi il mondo che vuole creare è fondato sull’odio, sul pregiudizio e sul privilegio; e in quel mondo sarebbe ancora più difficile contrastare il potere dei ricchi e delle multinazionali e denunciare le loro mitologie. Ma non ci si deve accontentare di fermarlo. Ciò che stiamo vedendo in queste settimane deve svegliarci: il libero mercato non è un destino, come non lo è il welfare state, il comunismo, il fascismo, le guerre e neppure la pace. Non c’è alcun destino manifesto per l’umanità, solo il futuro che avremo scelto.