Ora il terremoto è realtà. Lo Stato dell’Alabama, da 25 anni nelle mani dei Repubblicani al Senato e fino all’anno scorso colorato di rosso (Trump si era imposto su Clinton con un pesante 62,1%), ora si è dipinto di blu. Il candidato Doug Jones, ex US Attorney per il Northern District di Alabama, ha vinto a sorpresa la competizione elettorale contro il discusso Roy Moore, al termine di serratissimo testa a testa durato dall’inizio alla fine. Con qualche decina di migliaia di voti di vantaggio, infatti, Jones si è aggiudicato il posto al Senato, dove prenderà il seggio lasciato vacante da Jeff Sessions (nominato Attorney General da Trump) e dove si appresta a cambiare sensibilmente gli equilibri, già precari, della maggioranza repubblicana al Congresso. Ora al Senato ci sono 49 Democratici e 51 Repubblicani.
A fare la differenza, le vittorie di Jones in alcune delle County che non più tardi di un anno fa, alle Presidenziali, avevano visto Donald Trump trionfare: da Madison County (Jones ha ottenuto il 56%) a nord, a Talladega County (50,1%) ad est dello Stato, da Chambers County (55,7%) fino a Lee County (57,4%).
“Le persone dell’Alabama hanno più cose in comune di quelle che ci dividono” ha detto nel discorso dopo la vittoria al suo quartier generale un sorridente Doug Jones, al fianco della moglie. Jones, nel ringraziarla e nel ringraziare i volontari del suo comitato elettorale ha evidenziato: “Abbiamo mostrato non solo allo Stato dell’Alabama, ma all’intero Paese, il modo in cui possiamo essere uniti, in cui possiamo riunificarci”.
Non solo: per Jones “l’intera competizione elettorale ha riguardato la dignità e il rispetto”. Dignità e rispetto che molti repubblicani non devono aver trovato nel loro candidato, Roy Moore, balzato più volte agli onori delle cronache per via delle numerose accuse di molestie sessuali ricevute da nove donne diverse, tra cui diverse minorenni. Moore è stato messo in dubbio a lungo, alle strette dal suo partito, sostenuto da Donald Trump ma non da Ivanka Trump, considerato elettoralmente pericoloso dai suoi stessi colleghi e abbandonato da parecchi finanziatori.
Il risultato, a sorpresa, è quello di una sconfitta, che Roy Moore però ha deciso di non accettare: “Non è finita”, ha fatto sapere, mentre il suo comitato elettorale ha chiesto il riconteggio dei voti. Che però la situazione sia confusa tra i Repubblicani, lo fa capire la reazione opposta del Presidente Trump, che viceversa si è complimentato subito su Twitter. È proprio la sua, la posizione che più rischia di essere indebolita dopo la tornata elettorale in Alabama tra l’altro, e su più fronti. Da una parte “l’uragano rosa” che continua a colpirlo, ogni giorno di più, con tre donne (Jessica Leeds, Samantha Holvey and Rachel Cooks) che lunedì 11 dicembre lo hanno accusato pubblicamente di “sexual harassment”. Prima al Today Show, intervistate da Megyn Kelly, poi durante una conferenza stampa nel pomeriggio, durante la quale si sono appellate al Congresso per chiedere l’apertura di un’indagine ufficiale. Dall’altra, invece, il colpo basso potrebbe arrivare a Trump proprio dal Congresso, e proprio dalla parte “rossa”: i Repubblicani. Che spaventati dal risultato-shock in Alabama, potrebbero iniziare a lasciare la nave-Trump prima che l’iceberg diventi troppo grosso, e troppo vicino. Le prime reazioni, del resto, sono già arrivate. Dalle voci che trapelano dalla Casa Bianca, secondo le quali questa sconfitta sarebbe “un terremoto…è devastante per il Presidente”, al tweet “silenzioso” del senatore Repubblicano Jeff Flake che ha cinguettato “Decency wins”, fino alle dichiarazioni dell’ex senatore Rick Santorum, che alla CNN ha incolpato apertamente il comportamento del presidente di queste settimane, “reo di aver avuto un impatto sulla corsa al Senato in Alabama”. Che sia l’inizio della fine per Trump?
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